La psicoterapia è un modo per entrare in contatto con il nostro mondo interiore, per scendere in profondità dentro noi stessi.
Ma quest’espressione “scendere in profondità” non ha un significato univoco. Non ha a che fare soltanto con la cosiddetta psicologia del profondo, quella branca della psicologia che si rifà alle teorie di Fred e Jung e si fonda, sostanzialmente, sulla comprensione dei meccanismi psichici inconsci.
Dalla superficie agli strati profondi
In primo luogo, scendere in profondità significa trovare il tempo di dedicarsi a un certo tema, che si tratti di un pensiero, di una paura, di un’emozione.
Se guardiamo alle nostre conversazioni quotidiane, agli scambi con gli amici o i familiari, ci rendiamo conto che spesso, purtroppo, trattiamo le cose in modo superficiale. Vaghiamo da un argomento all’altro, senza esaminare nulla da vicino.
Applichiamo quella modalità comunicativa che il grande filosofo esistenzialista Martin Heidegger definisce “chiacchiera”.
L’esatto contrario di quel che accade durante una seduta di psicoterapia.
Nel corso dell’incontro, paziente e terapeuta si prendono tutto il tempo necessario. Si immergono insieme nell’emozione per riemergere con una consapevolezza in più.
Se il paziente prova tristezza o rabbia, quell’emozione può e deve essere analizzata e compresa.
- In quali momenti si sente triste o arrabbiato?
- Quando è che quel sentimento si affievolisce fino a spegnersi?
- Quali pensieri affiorano quando prova quell’emozione?
Anziché procedere oltre, ci si sofferma, si presta attenzione. Fare psicoterapia significa anche questo: starci dentro.
All’inizio, questo modo di procedere può destare la perplessità di alcuni pazienti. La prima impressione è che si torni più e più volte sugli stessi argomenti, senza andare avanti.
Ma non bisogna avere fretta.
Se durante il percorso ci si imbatte in questioni importanti, in punti nodali, bisogna prendersi il tempo necessario ad affrontarli e sviscerarli. Occorre guardarli da punti di vista diversi. Analizzarli tenendo conto di tanti elementi: sogni, incubi, desideri, paure…
Scendere in profondità significa proprio questo ed è l’opposto del rimuginare tipico degli stati ansiosi e depressivi.
Quando rimuginiamo, infatti, torniamo ossessivamente su uno stesso pensiero, senza arrivare ad alcuna conclusione. Siamo intrappolati in una spirale da cui non riusciamo a uscire in alcun modo, vittime della nostra mente, che non riusciamo a controllare.
Quando, invece, torniamo su uno stesso tema durante la terapia, lo facciamo per approcciare la questione da un’altra angolazione. Possiamo farlo nel corso di una psicoterapia individuale a Roma Prati, che si svolge attraverso i colloqui con il terapeuta, oppure all’interno di una terapia di gruppo Roma Prati, che ha il vantaggio di offrirci un ampio ventaglio di possibilità e prospettive diverse, quelle dei tanti partecipanti.
Oltre la superficie: il livello simbolico
Quando ci si prende il tempo per riflettere e meditare sulle cose, senza lasciarle scivolare via nell’indistinto, si ha la possibilità di accedere a un ulteriore livello di significato, quello simbolico.
Cos’è un simbolo?
Nell’antica Grecia, questo era il nome che dell’oggetto che veniva utilizzato per riconoscere l’ospite. Poteva essere una pietra o anche un pezzo di legno, che veniva rotto a metà. Una parte veniva conservata da colui che offriva ospitalità; l’altra veniva data all’ospite. Così, quando quell’uomo o un suo discendente si fosse presentato alla porta degli antichi amici, avrebbero potuto identificarlo, facendo combaciare le due metà del “simbolo”.
Il simbolo è qualsiasi elemento che rimanda ad altro.
Scendere in profondità significa anche vedere i simboli nella realtà concreta.
Spesso, è il terapeuta che conduce la seduta in questa direzione, cogliendo una parola o un gesto del paziente e provare a interpretarlo.
Facciamo un esempio.
Sono le 15.00, il paziente entra nella stanza di terapia. Avvicinandosi alla sedia, si toglie un grosso zaino dalle spalle, lamentandosi del suo peso. Lo zaino che trasporta è un oggetto reale, dotato sicuramente di un peso considerevole.
Ma quell’oggetto così concreto potrebbe rappresentare qualcos’altro?
Le parole pronunciate dal paziente potrebbero esprimere qualcosa di più profondo?
Volendo passare dal piano reale a quello simbolico, potremmo forse pensare che il paziente sente su di sé un peso, qualcosa che lo schiaccia e lo soffoca, qualcosa di cui si vorrebbe liberare.
Qualunque cosa, maneggiata in un certo modo, può diventare un simbolo. Tutto, davvero tutto, può rimandare a qualcos’altro. Una dimenticanza, un oggetto perso, persino una certa parola può avere un significato ulteriore rispetto a quello che ci si aspetterebbe.
Si potrebbe avere la tentazione di interpretare in chiave simbolica praticamente ogni cosa. Il terapeuta deve essere abbastanza abile ed esperto per capire quando è bene restare con i piedi ben piantati per terra, nella realtà concreta e quando, invece, è bene compiere un salto e spostarsi sul piano dei simboli.
Il paradosso della psicoterapia
Scendere in profondità, come abbiamo visto all’inizio di questo articolo, significa prendersi il tempo di esplorare gli argomenti, senza mettersi fretta.
Vuol dire, in sostanza, procedere a velocità ridotta, rallentare, andare avanti a piccoli passi. E, allo stesso tempo, imprimere una grande accelerazione al processo della terapia.
Può sembrare paradossale, ma funziona proprio così. Più si va piano e più si riesce a procedere velocemente lungo il percorso.
Dal mondo esteriore all’interiorità
Scendere in profondità significa anche passare dal piano concreto esteriore al mondo interiore.
È un concetto che puoi ritrovare in uno dei miei video della serie “Trappole mentali”: risolvere un problema interiore con un’operazione concreta.
Cercherò di spiegarmi in modo semplice, attraverso una serie di esempi.
Prendiamo il caso di una persona che si sente sempre sporca. Per alleviare questa sensazione, è indotta a lavarsi di continuo. Si sottopone a docce frequenti, sta sempre a sfregarsi le mani sotto l’acqua corrente. Eppure, per quanto si impegni in queste operazioni, non si sente mai davvero pulita. L’unico risultato che ottiene è quello di stressare la pelle, scatenando irritazioni e dermatiti anche gravi.
Perché accade tutto ciò?
È molto semplice: perché quella sensazione di sporcizia, di sudiciume non ha a che vedere con la realtà concreta del corpo. È qualcosa che deriva da una condizione, uno stato interiore dell’individuo.
Si sente sporco dentro.
Mettere in atto un’azione concreta per cercare di risolvere un disagio interiore è una dinamica piuttosto diffusa, di cui spesso non si ha consapevolezza. La vediamo in atto nella bulimia, quando la persona che avverte un vuoto nella propria vita cerca di colmarlo mangiando voracemente, riempiendosi lo stomaco. È la stessa dinamica che si ripropone nell’abuso di alcol e droghe, sostanze che vengono assunte per stordirsi, perdere il contatto con la realtà e con ciò che fa soffrire.
Ma pensiamo anche a chi ha scarsa considerazione di sé. Questa persona cercherà di raggiungere il successo, di spingersi sempre oltre per ottenere l’approvazione e l’ammirazione degli altri. Eppure, la sua autostima non crescerà neppure di un punto.
Scendere in profondità attraverso la terapia significa darsi la possibilità di capire che dietro tutti questi comportamenti c’è un conflitto irrisolto. Sono tutti tentativi fallimentari di risolvere un problema interiore con delle azioni che si svolgono sul piano concreto.