Lo psicodramma e la terapia di gruppo
Quando mette a punto questa tecnica, intorno agli anni ’20 del Novecento, lo psichiatra e filosofo Jacob Moreno gli assegna un nome ben preciso: teatro della spontaneità. I motivi si comprendono immediatamente. Lo psicodramma, infatti, è una forma di psicoterapia estremamente efficace, un modello che si fonda sulla messa in scena, proprio come in un teatro, di sogni, fantasie, vissuti, ricordi da parte di un gruppo, che agisce e interpreta le varie parti secondo principi di libertà e assoluta spontaneità.
Nel corso dei suoi studi, Moreno si era reso conto di quanto l’interpretazione scenica del proprio vissuto, il poter drammatizzare la trama del proprio passato, presente ma anche del futuro, fosse profondamente terapeutico. Questa tecnica, infatti, consente all’individuo di elaborare vari aspetti della propria esistenza, comprese le emozioni, e di indagare in modo profondo conflitti personali e collettivi.
Lo psicodramma, come funziona
Lo psicodramma, solitamente, viene utilizzato all’interno delle sedute di terapia di gruppo e si svolge in questo modo, all’interno del setting terapeutico. Il gruppo di terapia sceglie il membro che metterà a disposizione il proprio vissuto da drammatizzare, il tema della seduta su cui bisognerà lavorare. Può trattarsi di un sogno, ricorrente o meno, ma anche di un ricordo o di un’emozione. Egli sarà il protagonista, almeno inizialmente potrà interpretare sé stesso. Il terapeuta, che è anche il conduttore del gruppo, guiderà il protagonista nella messa in scena teatrale di quel vissuto, mentre gli altri membri del gruppo assumeranno ruoli diversi, interpretando persone significative nella vita del protagonista o anche il protagonista stesso.
Nel corso della seduta, infatti, vengono utilizzate tecniche molto diverse. Per esempio, può essere applicata la tecnica del doppio, che prevede la possibilità di mettersi nei panni di un altro dei membri del gruppo, dando voce ai suoi pensieri ed emozioni. Quando si usa questa tecnica, di solito ci si mette alle spalle dell’altro partecipante e si parla in prima persona, proprio come fossi lui o lei.
La tecnica dello specchio, invece, si attua quando un membro del gruppo esprime ad alta voce ciò che vede e sente rispetto a un altro membro, dando spazio a un diverso punto di vista. Parlando della tecnica dello specchio, possiamo evidenziare uno dei punti di forza della terapia di gruppo: la polifonia, la presenza di più voci e prospettive differenti, la ricchezza di rispecchiamenti che il singolo ha attraverso gli altri, tutti diversi da lui.
La tecnica principale utilizzata nello psicodramma, però, è quella dell’inversione di ruolo, con la quale il protagonista è indotto a mettersi nei panni dell’altro, guardando sé stesso con gli occhi di qualcun altro, vedendosi agire e parlare dall’esterno perché è un altro membro del gruppo a interpretare la sua parte, il suo ruolo. In questo modo, egli può riflettere in modo profondo sul proprio vissuto, osservandolo da una prospettiva completamente diversa.
L’efficacia dello psicodramma: una tecnica nel qui e ora
La grande forza dello psicodramma sta nella possibilità per il gruppo di terapia di lavorare nel qui e ora della relazione. Il sogno, l’emozione, il ricordo, l’esperienza del passato vengono riportati nel tempo presente e vivo, vengono attualizzati, vissuti sul momento, attraverso il corpo, il movimento, la voce, l’interazione con gli altri membri del gruppo stesso.
L’intensità delle emozioni non viene filtrata dalla distanza temporale, come avviene quando il ricordo viene portato alla luce semplicemente attraverso il racconto, e per questo si mantiene inalterata, intatta e potente.
Le elaborazioni che avvengono durante la seduta di psicoterapia di gruppo che applica questo metodo hanno il pregio di essere relative a un vissuto reale condiviso, con uno scarto importante tra la dimensione del passato (là e allora) a quella del presente (qui e ora).
Quella vissuta attraverso lo psicodramma è un’esperienza vera, concreta e reale e, per questo, estremamente forte, dalle grandi potenzialità terapeutiche e catartiche.
Il paziente non si limita a raccontare a parole quello che ha provato, a rievocarlo mantenendo tra sé e quel momento una distanza che fa da diaframma, quasi da barriera. Attraverso lo psicodramma può rivivere quel ricordo integralmente, portando in scena i contenuti del suo mondo interiore. Agendo nel presente del qui e ora e in una dimensione in cui il corpo diventa centrale, il paziente può sbloccare alcune emozioni, può superare resistenze e riuscire a entrare in contatto con parti di sé, con emozioni negate, rimosse, soffocate, che spesso non sono raggiungibili seguendo altre strade.
Molto spesso, i pazienti che non sembrano trarre beneficio dal confronto con il terapeuta nelle sedute di psicoterapia individuale, possono trovare nella psicoterapia di gruppo con uso dello psicodramma una via privilegiata, l’approccio più corretto per alleviare i propri sintomi, affrontare il disagio e, soprattutto, raggiungere una maggiore consapevolezza di sé, acquisendo strumenti per prendersi cura di sé stessi nel modo migliore.
Spazio e tempo nella terapia di gruppo con psicodramma: la Gestalt
Nella sedute che prevedono l’utilizzo dello psicodramma, gli elementi dello spazio e del tempo acquisiscono un significato e un’importanza particolari. Spazio e tempo, infatti, si prestano a interpretazioni gestaltiche, che hanno a che vedere con le teorie della Gestalt, corrente psicologica che focalizza la sua attenzione sul tema della percezione e su quello dell’esperienza.
Il modo in cui il paziente si muove nello spazio e lo usa, spostando gli sedie e tavoli, disponendo gli elementi in modo da creare una scenografia all’interno della quale mettere in scena il suo dramma interiore, il ricordo o il sogno, permette di concepire lo spazio secondo un altro punto di vista. Non semplicemente come spazio fisico all’interno del quale avvengono determinati fatti e situazioni, ma come spazio simbolico in cui la distanza o vicinanza tra i corpi dei diversi partecipanti mette in evidenza quelle che sono le dinamiche relazionali con genitori, partner, figli, amici, persone affettivamente rilevanti. Tutti coloro, in pratica, che vengono ricompresi nella messa in scena, i vari personaggi che ciascuno dei membri del gruppo è chiamato a interpretare.
Il dialogo interiore e la messa in scena di parti di sé
Come visto in precedenza, le tecniche utilizzate nell’ambito dello psicodramma sono diverse. Ce ne sono centinaia ma in questo approfondimento ci limiteremo a osservarne alcune, che consentono di mettere in luce le potenzialità insite nel metodo psicodrammatico.
Innanzitutto, lo psicodramma consente di mettere in scena parti di sé o anche voci interiori. Pensiamo alla nostra mente come a una specie di parlamento, un gran consiglio in cui sono presenti istanze diverse, desideri, tensioni che sono in costante rapporto dialettico tra di loro.
Ciò significa che, in molte situazioni, ci ritroviamo a tenere dei veri e propri dialoghi interiori tra diverse parti di noi stessi. Magari c’è una parte di noi che vuole compiere una particolare azione perché ne sente il bisogno insopprimibile e un’altra, invece, che si oppone per timore, per volontà di rimanere nella propria zona di comfort o per altre ragioni.
Tutti noi sperimentiamo nel corso della nostra esistenza e nella quotidianità resistenze di varia natura. Può trattarsi di uno scrupolo morale dovuto a una certa idea che abbiamo di noi stessi, che deriva dall’educazione o magari dalla vergogna del giudizio altrui.
Attraverso lo psicodramma, questi dialoghi interiori possono essere portati all’esterno, messi in scena all’interno di un contesto (setting) rassicurante, in cui non temiamo di essere sbeffeggiati o giudicati, in cui troviamo accoglienza e comprensione.
In questo modo i conflitti che viviamo possono essere espressi e ricomposti, trovando una soluzione che dà sollievo.
C’è poi, come visto in precedenza, la possibilità dello scambio di ruolo. Non è detto, infatti, che colui che dà il tema su cui lavorare, quel canovaccio su cui verrà elaborata l’interpretazione drammatica debba esserne necessariamente il protagonista.
Non è strettamente necessario che prenda il ruolo di sé stesso.
Anzi, è estremamente terapeutico proprio poter essere qualcun altro. Il regista psicodrammista cioè il terapeuta che conduce la seduta di gruppo può chiedergli di restare al di fuori osservando dall’esterno oppure di calarsi nei panni di un altro personaggio. C’è anche la possibilità che, nel corso della seduta, egli interpreti diversi personaggi che fanno parte del dramma.
In questo modo, si attua uno spostamento dell’ottica che consente di rovesciare la prospettiva consueta e abituale, abbandonando il proprio personale punto di vista. Ci si può vedere da fuori, mentre si agisce e si parla, si può valutare il proprio comportamento in relazione agli altri. Ognuno di noi vive da dentro la propria vita, ma lo psicodramma ci dà la possibilità di uscire fuori da noi stessi per un momento e di cogliere aspetti che non possiamo notare mentre siamo calati nella vita di tutti i giorni.
Per esempio, la persona che ha l’abitudine di lamentarsi sempre, sbuffando, arrabbiandosi, vedendo rappresentare questo suo comportamento da fuori può arrivare a capire il fastidio arrecato agli altri, l’inutilità di questo modo di agire e anche le conseguenze che comporta nei rapporti con il proprio prossimo.
Tutto questo punta in una direzione: acquisire una maggiore consapevolezza di sé, che è la chiave del processo di cambiamento.
L’inversione di ruolo facilita la mentalizzazione. Assumere il punto di vista di un altro, infatti, consente al soggetto di mettersi in discussione, di riflettere sulla propria rigidità e di sviluppare una maggiora capacità adattiva, una flessibilità.
Lo psicodramma, inoltre, è uno strumento estremamente potente per favorire l’empatia e per migliorare le abilità sociali, la propria capacità di stare in relazione con gli altri.
La possibilità di cambiare il copione e riscrivere la storia
Uno degli aspetti più terapeutici dello psicodramma è sicuramente la possibilità di cambiare il copione. Quando si mette in scena una vicenda vissuta da uno dei membri del gruppo, infatti, non è detto che le cose debbano andare esattamente come sono andate in passato, anzi. La storia può essere riscritta, il finale può essere modificato, l’esito può essere molto diverso da quello previsto in origine.
Non è detto che tutti riescano a mettere in atto qualcosa di simile. Spesso chi partecipa allo psicodramma sperimenta una specie di blocco, una resistenza. Sbloccarsi significa rompere uno schema che è un circolo vizioso, dandosi la possibilità di sperimentare. Significa uscire dalla coazione a ripetere, tipica dell’esperienza traumatica.