Corpo e mente non sono indipendenti. Queste due realtà, che a volte sembrano completamente estranee l’una dall’altra, sono strettamente collegate e si influenzano a vicenda. Insieme formano un sistema integrato, che viene influenzato da fattori biologici, psicologici e sociali.

È questo il principio alla base della psicosomatica, quella parte della medicina e della psicologia clinica che studia le connessioni tra un disturbo di natura fisica e la sua eziologia, di natura psicologica.

Quando avvertiamo un malessere, che si tratti di un mal di testa persistente o di disturbi gastrointestinali, tendiamo a pensare che abbia un’origine organica. La cefalea, la gastrite, la dermatite sono tutti disagi che sentiamo nel corpo, qualcosa di estremamente concreto. Difficilmente potremmo attribuire questo tipo di manifestazioni a qualcos’altro, che ha a che fare con la mente, con le nostre emozioni e con i sentimenti. Eppure, in molti casi, è proprio così. Ce ne rendiamo conto quando, dopo aver consultato il medico, aver fatto visite, esami e analisi, ci viene data una diagnosi che non comprendiamo: non c’è niente che va in noi, non a livello fisico perlomeno.

Cosa significa somatizzare?

Non tutto ciò che trova espressione nel corpo ha origine in esso.

È Freud il primo a introdurre un termine che definisce un tipo di disagio che si origina da un conflitto di natura psichica ma prende forma nel corpo e si manifesta attraverso dei sintomi simili a quelli scatenati da una malattia neurologica. Lui lo definisce disturbo di conversione o isteria di conversione. In poche parole, il paziente “converte” il disagio emotivo e psicologico in un disturbo fisico.

Questo tipo di dinamica è qualcosa di cui facciamo esperienza tutti i giorni, senza nemmeno accorgercene. Quante volte ci capita di dire che bruciamo di rabbia oppure che ci sentiamo soffocare dall’ansia e dalle preoccupazioni (per il lavoro, per la famiglia, per il partner)? Queste espressioni entrate nel nostro vocabolario rivelano in modo trasparente il sottile legame mente-corpo, l’influenza profonda che hanno le nostre emozioni, i pensieri, le sensazioni sulla realtà fisica. Quello che proviamo a livello emotivo altera il nostro stato corporeo, in modo più o meno evidente.

Quando somatizziamo non facciamo altro che operare uno spostamento. A livello inconscio, inconsapevolmente, trasferiamo sul corpo i nostri disagi di natura psichica. Il nostro corpo, attraverso quella sofferenza, ci parla delle emozioni che non riusciamo a gestire, elaborare, esprimere. Il nostro mondo interiore, soffocato e represso, emerge alla luce così, attraverso questo tipo di mediazione.

Spesso i disturbi psicosomatici insorgono in concomitanza con un evento fortemente stressante o con un cambiamento nella vita del soggetto, qualcosa che scombussola il suo equilibrio. Può trattarsi, per esempio, di un lutto, di una separazione ma anche di un cambiamento di residenza o persino le vacanze estive, che interrompono la consueta routine e generano una certa ansia.

Disturbi psicosomatici: cosa li causa? L’iper-attivazione del sistema nervoso autonomo

I disturbi psicosomatici possono essere spiegati anche dal punto di vista strettamente scientifico. Quando un’emozione non trova sfogo ma viene repressa o soffocata, l’energia e la tensione che ne derivano non vengono scaricate. In questo modo, il sistema nervoso autonomo (o sistema simpatico) si trova sottoposto a una sollecitazione continua che determina uno stato di iper-attivazione e di eccitazione costante. Lo stress, l’ansia, la rabbia forniscono degli stimoli al sistema nervoso autonomo che attiva una serie di meccanismi di risposta, solitamente connessi a una situazione di emergenza. In poche parole, l’organismo intero si predispone all’azione. Nel caso della rabbia, per esempio, assistiamo a una serie di modificazioni fisiologiche come l’accelerazione del battito cardiaco che mette in circolo il sangue più rapidamente, l’aumento della frequenza respiratoria, maggiore tono muscolare, tutti cambiamenti che mettono in condizione di reagire a qualcosa che viene percepito come un pericolo o anche un’ingiustizia nei propri confronti. Se l’azione, però, non viene messa in atto, l’energia accumulata non viene liberata.

Così anche lo stress determina degli adattamenti corporei perché il corpo si adegui alle condizioni esterne per superare difficoltà e prove. Lo stress in sé non è negativo ma se si è sottoposti a situazioni stressanti troppo a lungo, quando lo stress si protrae nel tempo e rappresenta un carico eccessivo, può ingenerare un disturbo psicosomatico.

Un disturbo che non è immaginario come qualcuno potrebbe essere indotto a credere.  Non bisogna mai trascurare le malattie psicosomatiche poiché non esse sono in grado di causare veri e propri danni agli organi coinvolti nel processo. Un problema gastrointestinale di natura psicosomatica, se non correttamente trattato, può trasformarsi in un’ulcera perforante. Un disagio che si scarica sulla pelle, andando ad attaccare il sistema cutaneo, può dare luogo non soltanto al semplice prurito ma a dermatiti psicosomatiche e psoriasi. La mancata o cattiva gestione dei vissuti emozionali e psichici comporta delle conseguenze, mette seriamente a rischio la salute e il benessere del singolo.

Guarire dalle malattie psicosomatiche

Allora una domanda sorge spontanea: come si guarisce da una malattia psicosomatica?

È evidente che essere seguiti da un medico, per quanto utile, non può essere risolutivo. Poiché il disturbo psicosomatico trova la sua radice nell’interazione tra fattori biologici, sociali e psicologici si rende necessario un intervento di tipo psicoterapeutico.

Durante le sedute di psicoterapia individuale presso lo studio di Roma Prati, in quanto terapeuta esperto in disturbi psicosomatici, mi occupo di guidare il paziente in un percorso a ritroso, accompagnandolo verso il riconoscimento delle cause emotive, della componente psicologica alla base del sintomo fisico manifestato. Se, come abbiamo detto all’inizio, somatizzare significa spostare sul corpo un conflitto psichico, la psicoterapia consente di ricondurre il disagio provato alla sua dimensione di base, quella della difficoltà affettiva ed emotiva inespressa che gli ha dato forma.

Il dialogo con il terapeuta permette di portare a livello consapevole quel vissuto, di leggere il sintomo psicosomatico alla luce della storia relazionale del paziente e di trovare il senso cioè il messaggio di cui il corpo, attraverso quel sintomo, si fa portatore. Un messaggio solitamente legato a bisogni profondi che non vengono soddisfatti.

 

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