Freud, il padre della psicoanalisi, ha affermato che Dostoevskij – se non fosse stato affetto da una grave epilessia -sarebbe stato come Gesù: un uomo in grado di prendere il mondo per mano.

E ancora Nietzsche, probabilmente il più potente tra i filosofi moderni, ha scritto che l’unico pensatore che avrebbe potuto insegnargli qualcosa nel campo della psicologia sarebbe stato Dostoevskij.

In questo video cercheremo di mettere in luce i profondi insegnamenti psicologici e spirituali che si nascondono tra le meravigliose pagine del suo capolavoro: Delitto e Castigo.

A tal proposito, in “Lettere sulla creatività”, il maestro russo spiega come attraverso il romanzo sia possibile interiorizzare una particolare consapevolezza che non può essere acquisita dal semplice studio dei saggi teorici.

Ed è così che attraverso la narrazione della vita di Raskol’nikov, un povero studente di San Pietroburgo, Dostoevskij descrive in modo profondissimo tanto la discesa nellidentificazione con l’ego e il corpo di dolore quanto la via che conduce alla resurrezione di Lazzaro e alla conquista di una nuova vita.

Iniziamo a leggere e commentare insieme qualche passaggio di questo capolavoro.

Le prime pagine di Delitto e Castigo e il corpo di dolore di Eckhart Tolle

Già nella prima pagina Raskolnikov viene descritto in uno stato di irritabilità e tensione. Sappiamo come questi sintomi siano indice di un corpo di dolore che si sta preparando a emergere. Il corpo di dolore viene descritto dal maestro spirituale Eckhart Tolle come una sorta entità a sé stante, in grado di possedere una persona. Tale formazione mentale viene paragonata a un demone malvagio e distruttivo che si nutre di ogni esperienza in grado di generare dolore.

Pensiamo quindi a sentimenti di rabbia, distruttività, odio, sofferenza, drammi emotivi violenza e persino malattia.

Alcuni corpi di dolore possono addirittura portare anche all’omicidio e al suicidio.

Esattamente ciò che viene descritto in quest’opera.

Andando avanti anche solo di una pagina, troviamo tantissimi riferimenti al corpo di dolore: “Ma io chiacchiero troppo e non faccio nulla appunto perché chiacchiero. Ma forse anche così: chiacchiero perché io non faccio nulla”.

In queste poche righe, Dostoevskij descrive in modo magistrale cosa avviene in una persona che cada all’interno di una ruminazione del pensiero, all’interno di un pensiero ossessivo-compulsivo che brucia il suo tempo e le sue energie.

La persona in un assetto di questo tipo rimane bloccata, posseduta dalla propria mente.

“In questo ultimo mese ho imparato a chiacchierare standomene per intere giornate sdraiato in un angolo e pensando”.

Vediamo come l’autore descrive benissimo questa dimensione in cui la mente prende il sopravvento sulla consapevolezza. Non è più la persona che decide di pensare.

È il pensiero che diventa più forte dell’individuo.

E qui stiamo parlando del pensiero dell’omicidio: Raskolnikov sta pensando di uccidere e derubare una vecchietta.

“Dunque perché vado adesso? Son forse capace di questo? Forse che questo è serio? Non è serio per niente. Tanto così per fantasticare, per divagare, trastulli!”

È evidente come qui Dostoevskij proprio come un grande maestro spirituale ci stia mettendo in guardia nel percorrere la stessa strada di distruttività del protagonista del romanzo. Ci sta dicendo “Attenti!” a tutte quelle dimensioni in cui un’idea piano piano prende il sopravvento su ciò che noi siamo veramente, sulla nostra capacità decisionale, sulla nostra consapevolezza.

E poi poche pagine più in là, a pagina 12 leggiamo: “Ma è possibile, possibile che io? No, è una sciocchezza, è un’assurdità ”Aggiunse risolutamente “Ed è mai potuto venirmi in mente un orrore simile? Di che sozzure è capace però il mio cuore? È lurido questo, è schifoso, è abietto…e io per tutto un mese…”

Vedete che in questi brevi momenti di consapevolezza, il protagonista si rende conto di essere preda di una forza oscura che lo conduce in una dimensione che non sente, non riconosce come propria.

L’irruzione di inconscio

E poi leggendo di seguito: “ma egli non poteva né con le parole né con le esclamazioni esprimere la sua agitazione”

Qui l’autore descrive molto bene questa difficoltà della persona che sta combattendo contro una irruzione di inconscio ad esprimere quello che sta provando. Ed è qui che deve intervenire il terapeuta ad aiutare la persona a trovare le parole per poter tirare fuori questo mostro, queste ideazioni assurde e dolorose che emergono dal profondo dell’inconscio.

E continuando a leggere di seguito: “Quel sentimento di infinito disgusto, che già aveva cominciato a opprimere e tormentare il suo cuore fin da quando si recava soltanto dalla vecchia, aveva raggiunto tali proporzioni e gli si era rivelato così nettamente, che egli non sapeva come sottrarsi dalla propria angoscia”

Qui il maestro russo spiega cosa avviene durante un’irruzione di inconscio, quando il corpo di dolore prende il sopravvento sulla consapevolezza della persona, la quale si accorge di essere sottoposta a forze sulle quali ormai non ha più nessun controllo.

Fuori controllo: quando il corpo di dolore prende il sopravvento

“Gli venne voglia di bere birra fredda, il pensiero si fa più lucido…”

“Ma anche in quell’istante avvertiva in modo vago che tutta quella disposizione all’ottimismo – che egli aveva, aggiungo io, conquistato attraverso l’alcol – era anch’essa morbosa”

E vediamo come qui l’autore dimostra la sua grande esperienza nel descrivere i diversi tentativi fallimentari che la persona cerca di metter in atto per attenuare la presa della Mente sul proprio Sé.

In tutto il romanzo viene descritta questa mancanza di controllo su sé stesso, controllo che viene preso dal Demone, da questo corpo di dolore.

“Voleva già voltare indietro verso casa, ma improvvisamente sentì che andare a casa gli ripugnava moltissimo. Era già più di un mese che tutto quello (cioè l’idea dell’omicidio) in un angolo di quell’orribile armadio (armadio mentale, armadio tra virgolette) ed egli andò dove lo portavano le gambe.

Raskolnikov non è più consapevole (e padrone) delle proprie azioni.

Un tentativo di meditazione

E di seguito viene descritta la lotta che il protagonista combatte dentro sé stesso per cercare di arginare questo demone e ha un’intuizione anche profonda, perché senza neanche conoscerla, ecco che Raskolnikov cerca di attuare una sorta di meditazione informale cioè si concentra sulla percezione per cercare di togliere potere al demone.

Noi sappiamo infatti che uno dei modi per togliere potere al corpo di dolore è stare nel qui e adesso, nel potere di adesso come dice Eckhart Tolle.

E uno dei varchi per togliere forza alla mente e quindi al corpo di dolore, al pensiero ossessivo è entrare nella percezione.

E infatti vediamo come “Raskolnikov, cominciò con sforzo, quasi inconsciamente, per un’intima necessità (aggiungo io proprio di cercare di salvarsi da questo mostro che avanza) ad osserva tutti gli oggetti in cui si imbatteva, come se cercasse intensamente di distrarsi, ma non vi riusciva e ricadeva ogni momento nella sua fantasticheria”.

È incredibile quello che riesce a esprimere Dostoevkij in queste pagine: proprio la lotta tra il corpo di dolore, la mente, queste fantasticherie perverse che prendono il sopravvento sulla consapevolezza, e la persona che cerca di arginarle aggrappandosi alla percezione che oggi sappiamo che uno dei varchi per poter placare questo demone interiore.

Raskolnikov sta cercando in qualche modo di meditare.

È incredibile!

Un maestro spirituale: Sonia, la prostituta-Angelo

Ma questi tentativi cadono nel vuoto perché ormai il corpo di dolore di Raskolnikov è diventato estremamente potente e lo porterà inesorabilmente verso la distruzione, verso l’omicidio.

Raskolnikov in questo momento è solo, non ha una guida spirituale in grado di aiutarlo. La incontrerà più tardi nelel vesti di Sonia, una prostituta giovanissima, di cui egli poi si innamora.

Ed è estremamente poetico vedere come Dostoevkij raffiguri come maestra spirituale, come Angelo, Sonia ovvero una prostituta. Vediamo come l’autore infranga quindi le diverse etichette per contattare invece quelle verità spirituali più profonde.

Quindi Sonia, una prostituta che, all’interno del romanzo, rappresenta un essere illuminato, quasi un Avatar.

Il Diavolo è la nostra mente quando prevale sulla Consapevolezza

Ora facciamo un salto verso la fine del romanzo, pagina 497 quando ormai Raskolnikov ha già ucciso queste due donne e parla con Sonia e si confessa con lei:

“A proposito Sonia, quando io stavo coricato al buio e mi venivano tutti quei pensieri, era il Demonio che mi tentava, eh?”

In queste righe psicologia, religione, spiritualità si intrecciano, si condensano in un’unica consapevolezza. Dostoevkij spiega chiaramente che il Demonio, colui che possiede l’essere umano, è la mente stessa quando non viene osservata, quando prende il sopravvento rispetto alla consapevolezza.

E continua il dialogo tra i due: “Tacete, non ridete, bestemmiatore. Nulla, nulla voi comprendete. Oh Signore, nulla, nulla egli comprenderà”.

“Taci, Sonia. Io non rido affatto. Lo so anch’io che era il diavolo a trascinarmi. Sonia taci” ripeté con cupa insistenza.

“Tutto questo io me lo sono già ruminato e ripetuto da me quando stavo disteso nell’oscurità. Tutto questo l’ho vagliato con me stesso sino all’ultima minuzia e so tutto, tutto. E tutte queste ciance mi avevano allora tanto tanto annoiato. Volevo dimenticar tutto e ricominciare da capo, Sonia, e smettere di cianciare”.

Qui Dostoevkij descrive fino a che punto la mente è in grado di prendere il sopravvento sulla persona.

Immaginiamo questo ragazzo ventenne che per giorni interni non parla più con nessuno, parla soltanto con sé stesso, con il proprio demone interiore. Rimane al buio, sdraiato, ormai completamente preda di questo corpo di dolore. E alla fine quando agisce lo fa perché si rende conto che quello è l’unico modo per sottrarsi almeno momentaneamente alla tortura di questo pensiero ossessivo.

E intuisce che quell’agito, per quanto mostruoso, per quanto sanguinoso, è l’unico modo per placare almeno provvisoriamente la tortura del corpo di dolore che lo assedia da dentro.

Poi di seguito, pagina 499 in questa edizione, lo dice proprio esplicitamente, Raskolnikov sta parlando a Sonia:

“Quella vecchietta l’ha uccisa il Diavolo e non io, basta Sonia, basta!”

Raskolnikov si rende conto di essere stato posseduto da una forza malvagia. Dobbiamo renderci conto che la mente quando non è controllata dalla nostra Consapevolezza può diventare un mostro.

Dobbiamo realizzare che la salute mentale si conquista nel momento in cui noi comprendiamo che dobbiamo essere i pastori dei nostri pensieri. Noi dobbiamo poter osservare i pensieri e quando possiamo osservali, ci rendiamo conto che noi siamo non i pensieri, ma colui che osserva, la Consapevolezza.

Questo è l’incontro con il nostro Sé profondo, questo è l’inizio dell’Illuminazione.

Svidrigajlov: il corpo di dolore che vince e porta al suicidio

Verso la fine del romanzo compare un personaggio estremamente oscuro, Arkadij Ivanovič Svidrigajlov, che rappresenta secondo me l’alter ego di Raskolnikov.

Raskolnikov è colui che viene preso dal corpo di dolore ma poi riesce a liberarsene. Non è un caso che più volte nel romanzo si faccia riferimento all’episodio della Resurrezione di Lazzaro. Questo è un romanzo di resurrezione.

Mentre Svidrigailov, invece, viene posseduto anche lui dal corpo di dolore ma il demone vince su di lui e lo porterà al suicidio.

Raskolnikov identificato con Napoleone: l’elemento narcisistico del Corpo di Dolore

In “Delitto e Castigo”, Dostoevkij mette in luce un altro elemento centrale del Corpo di dolore e dell’Ego vale a dire l’elemento narcisistico, il bisogno di elevarsi sopra gli altri. Questo è un elemento tipico della persona identificata con l’Ego perché nel momento in cui perdiamo il contatto con l’Uno, non ci sentiamo più parte di qualcosa che è più grande di noi, immediatamente ci sentiamo vuoti e abbiamo bisogno di riempire questo vuoto attraverso delle fantasie di grandiosità.

E qui vediamo come Raskolnikov si era identificato con la figura di Napoleone. Cioè l’idea di uccidere la vecchietta era associata anche a un delirio di grandezza. Questo è il delirio narcisistico che nasce dall’Ego. Nel romanzo questa esaltazione di Raskolnikov, questa identificazione con la figura di Napoleone viene descritta in diversi passaggi, qui ne prendiamo solo uno:

“Napoleone lo aveva esaltato in modo straordinario. Cioè propriamente lo aveva esaltato il pensiero che moltissime persone di genio non badarono al male individuale, ma passarono oltre, senza starci a pensare. Egli si immaginò di essere anche lui un uomo di genio cioè ne fu convinto per un certo tempo.

Identificazione con l’Ego, violenza e guerra

Nelle ultime pagine del romanzo, il genio visionario di Dostoevkij si esprime in tutta la sua potenza. Qui ci troviamo in un punto in cui Raskolnikov ha già confessato il proprio delitto ed è ai lavori forzati in Siberia ma ancora dentro di sé non ha raggiunto un’illuminazione. E fa dei sogni, delle fantasticherie e attraverso queste immagini oniriche del protagonista, il maestro russo riesce a descrivere in modo plastico il corpo di dolore.

È meravigliosa la consapevolezza di questo autore.

“Durante la malattia, aveva fantasticato che tutto il mondo fosse condannato a essere vittima di una terribile, inaudita mai veduta pestilenza che dal fondo dell’Asia marciava sull’Europa. Tutti dovevano perire, tranne alcuni, pochissimi, eletti. Eran comparse certe nuove trichine, esseri microscopici che si insinuavano nei corpi degli uomini, ma quegli esseri erano spiriti dotati di intelligenza e di volontà”

Sta descrivendo il corpo di dolore, che come un virus si trasmette da persona a persona.

Il corpo di dolore si trasmette per contagio. Di solito, anche in famiglia, dai genitori ai figli, ma non solo.

“Gli uomini che li accoglievano dentro di sé” e qui si vede che c’è anche una dimensione, una possibilità di accogliere o meno.

“Gli uomini che li accoglievano dentro di sé diventavano subito indemoniati e pazzi”.

Qui è da notare come l’essere posseduto da un demonio e la pazzia sono la stessa cosa per Dostoevkij. Era già riuscito a capire il senso della psicoterapia spirituale, a capire che la follia e la mancanza di spiritualità sono la medesima cosa.

E va avanti: “Però mai, mai degli uomini si erano stimati così intelligenti e infallibili come si stimavano quegli appestati”

Sta parlando del nostro Ego, capite?

“Gli uomini si ammazzavano a vicenda in una specie di rabbia insensata, si apprestavano a marciare gli uni contro gli altri con interi eserciti. Ma gli eserciti già entrati in campagna cominciavano a dilaniarsi, ciascuno per conto suo. Le schiere si scompaginavano, i guerrieri si gettavano l’uno sull’altro, infilzandosi e sgozzandosi scambievolmente. Si mordevano e si divoravano tra loro”.

Qui sta parlando dell’orrore della guerra e sta dicendo che non c’è nessun motivo di fare la guerra se non la sete di sangue del corpo di dolore che ci possiede. Tanto è vero che gli eserciti si scompaginano, si divorano l’uno con l’altro i soldati di uno stesso esercito, proprio perché la guerra non ha nessun fine, il fine della guerra è la morte stessa, è il dolore stesso.

È il fine del corpo di dolore la guerra.

È incredibile la profondità di tutto questo.

“Comparvero gli incendi, comparve la fame, tutto e tutti perivano. Il flagello cresceva e avanzava sempre più lontano. Nel mondo intero non potevano salvarsi che pochi. Erano questi i puri e gli eletti, i predestinati a cominciare una nuova razza umana e una nuova vita, a rinnovare e purificare la terra.

Ma nessuno mai aveva visto questi uomini, nessuno aveva mai udito le loro parole e le loro voci”.

Vediamo come verso la fine del romanzo comincia a scorgersi una luce.

Chi sono queste persone illuminate, destinate a rinnovare il mondo?

Nella nuova coscienza emergente, le persone veramente in grado di rinnovare il mondo sono persone sconosciute, umili, demeditanti. Delle persone come Sonia, che è una ragazza semplice, una persona che non ha nessun titolo, nessuno potere istituzionale.

Eppure nella sua semplicità è l’unica in grado di strappare Rakolnikov dalle mani del diavolo.

 

L’illuminazione di Raskolnikov attraverso l’amore

E poi c’è questo finale da brividi in cui Dostoevkij descrive l’illuminazione di Raskolnikov che avviene attraverso Sonia, attraverso l’amore per lei:

“E che eran poi tutte quelle passate torture? Tutto, anche il suo delitto, anche la condanna e l’esilio, gli parevano ora, in quel primo impulso, un fatto esterno, estraneo, quasi un fatto non successo a lui”

Qui Dostoevkij mette in luce un elemento fondamentale dell’illuminazione: lo svanire del passato. Tutto quel che è avvenuto nel passato, tutte le torture, cadono.

Raskolnikov lascia andare il passato.

Inoltre, così come accade a tutti gli illuminati, Raskolnikov ha l’impressione che quegli eventi esterni non siano accaduti a lui. E questo avviene poiché il protagonista si è disidentificato da ciò che prima aveva pensato di essere, si è disidentificato dalla propria storia e dal proprio Ego.

“Quella sera non poteva del resto pensare a lungo alla stessa cosa, non poteva concentrarsi in nessun pensiero e nessun problema avrebbe ora potuto risolvere coscientemente. Sentiva soltanto.

Alla dialettica subentrava la vita.

E nella sua coscienza doveva soltanto elaborarsi qualcosa di diverso”.

Questa è la descrizione dell’illuminazione di Raskolnikov.

 

 

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