Il desiderio di essere “salvati” dal partner è una trappola che si insinua in molte relazioni.
Siamo di fronte a una proiezione, un fantasma della nostra mente capace di alimentare aspettative irrealistiche che finiscono con il distruggere completamente la coppia.
Di fatto, coltiviamo dentro di noi la speranza illusoria che la persona che abbiamo accanto possa colmare vuoti e lenire ferite che portiamo dentro da tempo.
Immaginiamo che l’unione con l’altro (a livello sentimentale così come sessuale) possa renderci “completi” e far svanire completamente l’inquietudine e l’angoscia che ci tormentano.
L’innamoramento: tra idealizzazione e delusione
L’aspetto singolare della questione è che, almeno all’inizio, l’aspettativa che il partner possa salvarmi sembra poter trovare compimento.
In che senso?
Dobbiamo ricordare che la primissima fase di una relazione è l’innamoramento, una sorta di stato di grazia in cui siamo completamente presi dall’altro, in preda a una fortissima euforia.
È il momento in cui “sentiamo le farfalle nello stomaco”.
All’improvviso, siamo felici, ci sentiamo bene e l’angoscia è totalmente scomparsa.
O almeno così ci sembra.
Il fatto è che, in questo momento, non vediamo l’altro per quello che è, ma per come abbiamo bisogno che sia.
In una parola, quando ci innamoriamo, idealizziamo il partner, attribuendogli le caratteristiche migliori e persino capacità magiche.
Lui o lei è esattamente quello che abbiamo sempre desiderato.
Non perché sia così, ma perché abbiamo bisogno di credere che lo sia.
Insomma, proiettiamo su di lui un’immagine che, in realtà, è dentro di noi.
Il crollo dell’illusione. Il partner salvatore che diventa un carnefice
Prima o poi, però, siamo costretti a mettere da parte le lenti distorte dell’innamoramento.
Ma cosa accade, quando l’illusione cade?
Che di fronte alla dura realtà e alla delusione, le ferite del passato si riaprono e tornano a bruciare con un’intensità ancora più dolorosa.
Il dolore scatena la paura e quella, a sua volta, innesca la rabbia.
A questo punto, l’altro che fino a questo momento abbiamo idealizzato e immaginato come un salvatore, ai nostri occhi diventa l’esatto opposto: un carnefice, colui che infligge sofferenza.
Purtroppo, infatti, chi si trova intrappolato in questa dinamica non riesce a vedere la vera causa della sua sofferenza cioè le mancanze dei suoi genitori.
Egli, piuttosto, proietta tutto questo sul partner che diventa l’origine di tutti i mali.
Ecco allora che l’amore – un falso amore in verità – si converte in odio feroce verso l’altro.
Se la relazione di coppia è un rapporto genitore–bambino
Possiamo trovare conferma di quanto appena spiegato all’interno della psicologia transazionale.
La psicologia transazionale ci spiega che la personalità di ciascun individuo è formata da tre nuclei fondamentali:
-
bambino
-
genitore
-
adulto
In una relazione sana, i due partner interagiscono su un piano di parità e responsabilità reciproca, secondo un modello di relazione adulto – adulto.
La relazione che abbiamo descritto fino ad ora si colloca su questo piano soltanto a livello apparente.
A livello più profondo e inconscio, quella che abbiamo davanti è una relazione genitore – bambino.
Uno dei due (o anche entrambi) si sente e agisce proprio come un bambino, che si consegna completamente all’altro a cui viene affidato il ruolo di genitore adulto, da cui si aspetta di venire accudito e salvato.
Affrontare i traumi del passato: perché il partner non può salvarci
Le cose però così non possono funzionare.
L’altro non può vedersi affidato il compito di liberarci dai traumi del passato.
Talvolta non ci riesce nemmeno un buon terapeuta, figurarsi un partner che magari fa l’ingegnere o l’avvocato!
L’aspettativa che quell’antica infelicità sparirà se mi metto con questa certa persona non può che cadere nel vuoto.
Il problema è che alla delusione non segue la consapevolezza.
Fatichiamo a renderci conto che se quel dolore non è andato via, non è colpa del partner ma del fatto che non siamo riusciti a risolvere i nostri traumi infantili.
Allora che succede?
Che cominciamo a cercare le ragioni del nostro male nel comportamento dell’altro, razionalizzando.
Lo accusiamo di essere assente, di non riservarci le dovute attenzioni…
Basta una piccola distrazione dell’altro ed ecco l’occasione per proiettare tutta la mancanza di attenzione della quale avrei avuto diritto da bambino e che non ho avuto dai genitori.
Così la rabbia cresce e divampa.
In psicoanalisi si dice che siamo tutti orfani.
Ciò significa che non c’è un’altra persona a cui possiamo delegare la cura di noi stessi, a cui chiedere di essere salvati.
L’inquietudine che proviamo non può essere sradicata da una relazione di coppia.
Ed è giusto che sia così.
L’angoscia è una componente essenziale della vita, qualcosa che non dovremmo ignorare o silenziare.
Anzi, dovremmo riuscire a stare in contatto con essa, provare ad ascoltare il suo invito a prenderci cura delle nostre esigenze emotive più profonde.
Spesso ce ne dimentichiamo ma noi esseri umani non siamo soltanto corpo. Non abbiamo soltanto bisogni fisici e concreti.
Dentro di noi c’è un intero mondo di cui dobbiamo prenderci cura noi.
Il partner sicuramente può essere un grande sostegno, un alleato prezioso, un compagno di viaggio che ci sta vicino lungo il cammino.
Ma non può sostituirsi a noi e salvarci.
L’inganno dell’idealizzazione: perché trasformiamo il partner in un colpevole
Spesso chi vive questo dramma crede di trovarsi in relazione con un partner narcisista, che l’ha prima illusa e poi delusa, facendola soltanto soffrire.
L’altro viene accusato di essersi presentato “sotto mentite spoglie”, per rivelare soltanto in un secondo momento il suo vero volto.
In verità, molto spesso, il meccanismo che porta all’idealizzazione e poi alla delusione non nasce da un partner realmente narcisista, ma dalle aspettative che uno dei due proietta sull’altro.
Come abbiamo visto, chi cade in questa trappola, tende a costruire un’immagine estremamente positiva del partner, immaginato come una figura quasi “salvifica” e perfetta, investito di qualità straordinarie, capace di colmare ogni voto emotivo.
Ma il partner, per quanto amorevole o attento, non può realisticamente rispondere a tali aspettative sovradimensionate.
Quando la delusione arriva, è facile interpretare il cambiamento come un “tradimento” o addirittura come una manifestazione di narcisismo patologico, anche perché la dinamica di cui stiamo parlando avviene a livello inconscio.
Chi la vive non ne ha alcuna consapevolezza.
La terapia di coppia per guarire ferite e ricostruire una relazione sana
La dinamica che abbiamo descritto diventa patologica nel momento in cui è molto massiccia.
Essa rischia di diventare molto intensa in coloro che hanno subito traumi infantili, che hanno vissuto l’esperienza della trascuratezza, dell’abbandono o dell’abuso da parte di chi avrebbe dovuto accudirli e proteggerli.
Viceversa, chi ha avuto una base sicura, è maggiormente protetto da questo tipo di dinamiche poiché ha meno bisogno di “essere salvato”.
In questo ultimo caso, il bambino ha avuto la possibilità di crescere e diventare grande, instaurando una relazione adulta con l’altro.
Quando questo non avviene, dentro di noi rimane un bambino sofferente e bisognoso di cure.
Attraverso il percorso terapeutico, è possibile riconoscere e accogliere questo “bambino interiore” ferito e traumatizzato, dandogli la possibilità di dare voce ai propri bisogni inespressi. In questo modo, la sofferenza può lentamente dissolversi, permettendo alla persona di ricostruire le basi per vivere una relazione sana, adulto – adulto.