Il timore della vecchiaia e del tempo che passa
Salve a tutti,
nel mio lavoro di psicoterapeuta molte persone mi confessano come la loro peggior paura sia la vecchiaia, che viene temuta a volte anche più della morte.
Per molti non è facile vedere il proprio corpo perdere la forza e la bellezza giovanili, percepire il declino delle proprie facoltà mentali, andare incontro a cambiamenti relazionali irreversibili, confrontarsi con numerosi dubbi e sapere che di tempo per portare a effetto nuovi progetti ne rimane poco.
Vi invito sinceramente a condividere nei commenti di questo video i vostri vissuti sull’argomento, in modo tale da poterli elaborare insieme.
Eppure la vecchiaia porta con sé un’ultima preziosa opportunità da non farsi scivolare dalle mani, un dono di grande valore che può risarcire la persona anziana di tutte le perdite subite.
Se pensiamo alla vita come un libro diviso in capitoli, in cui troviamo il capitolo dell’infanzia, quello della pubertà, quello dell’adolescenza e così via, la vecchiaia è l’ultimo di questi capitoli e il più importante, quello in cui viene svelato il senso di tutte le pagine precedenti.
In questo video ti spiego in cosa consista tale dono, in modo tale che esso non debba passarti accanto senza essere colto. Grazie a tutti coloro che si stanno iscrivendo, entriamo nel vivo del tema.
Uomini e donne di fronte alla vecchiaia
La paura di perdere la virilità
Ricordo un signore di circa 75 anni che aveva scelto di rischiare un tumore alla prostata pur di non operarsi e subire così un qualche calo della prestazioni sessuali.
La sua sessualità si svolgeva quasi esclusivamente con prostitute, con le quali spendeva la maggior parte della propria pensione. Doveva ricorrere a dosi elevate di Viagra e dato molto significativo non traeva quasi nessun piacere fisico da tali attività.
Ciò che contava in assoluto per lui – riporto testuali parole – era continuare a sentirsi uomo a qualunque costo. Lo ricordo come una persona molto poco consapevole e molto triste.
Mi ripeteva che il giorno in cui non sarebbe più riuscito a penetrare una donna, la sua vita non avrebbe più avuto nessun senso.
È stato uno dei miei primi casi, ero ancora un terapeuta inesperto e usavo un approccio di stampo tradizionale. Non avevo ancora integrato il mio bagaglio terapeutico con elementi filosofici, esistenziali e spirituali.
E non fui in grado di offrirgli purtroppo un aiuto sostanziale.
Oggi – ma è troppo tardi – saprei che cosa dirgli, quali parole usare, per farlo uscire da quello di stato di estremo disagio.
Pensione e perdita del ruolo lavorativo
Una donna entrò in terapia subito dopo il pensionamento. Nell’ultima parte della sua carriera aveva ricoperto un ruolo lavorativo di alto livello, in qualità di funzionario governativo.
Anche se si ritrovava con una pensione da favola, aver perso quel ruolo l’aveva destabilizzata profondamente, si sentiva smarrita, depressa e aveva la percezione che la sua vita avesse perso di significato.
Menopausa e perdita delle bellezza
Un’altra donna mi contattò qualche tempo dopo essere entrata in menopausa.
Era una donna di eccezionale bellezza, un viso splendido e un corpo statuario. Andava in palestra tutti i giorni, escluso il week end ed era ricorsa anche a qualche ritocco chirurgico. Non aveva figli né famiglia. Aveva vissuto una vita all’insegna della libertà e del romanticismo.
Ora però si sentiva disperata perché si rendeva conto che la sua bellezza – ciò su cui aveva fondato tanta parte della propria identità – la stava lentamente abbandonando.
Era terrorizzata dalla visione di una vita futura vuota e desolata, senza senso.
Vecchiaia e perdita del ruolo materno
Un’altra donna ancora, di circa 70 anni, era distrutta perché il suo unico figlio ormai trentenne era andato a vivere fuori casa.
Si era completamente identificata con il ruolo di madre e non riusciva ad accettare che il figlio recidesse il cordone ombelicale che li aveva uniti fino a quel momento, quasi come un unico corpo.
Una stessa dinamica: la vecchiaia che strappa un elemento di identità
Come è facile intuire, questi casi si differenziano solo in superficie, nel contenuto. Ma sono mossi da un’identica dinamica sottostante, che si tratti dell’immagine di un uomo sessualmente attivo, del ruolo lavorativo, della bellezza o della maternità, ciò che conta è che il passare del tempo ha sottratto a queste persone un elemento centrale del loro Io e della loro identità.
Ma è proprio in questo punto che si apre un varco per portare a valore la sofferenza e convertire l’angoscia in una opportunità spirituale importantissima.
Per spiegare questo passaggio fondamentale dobbiamo soffermarci sul concetto di Maschera espresso da Jung.
Tale figura psichica consiste in un elemento identitario che giunge ad assumere una dimensione ipertrofica, eccessiva, tale da mettere in ombra la totalità del Sé di un determinato individuo, impedendogli di portare a compimento la propria evoluzione spirituale.
Ancorati a un’identità che ci impedisce di comprendere chi siamo veramente
In tal senso, secondo Eckhart Tolle più cerchiamo una definizione di noi all’interno di una forma, più ci allontaniamo dalla possibilità di contattare il nostro vero Sé oltre le forme.
Lo stesso concetto viene espresso anche nella filosofia esistenzialista di Sartre, secondo la quale l’essenza dell’uomo consiste nella libertà, nel non avere un’essenza predefinita.
Mentre nel mito viene rappresentato dal fatto che Ulisse si salva dalla prigionia di Polifemo, il gigante della superficialità, affermando di non essere nessuno. Tale concetto inoltre è espresso in modo profondissimo tanto nel Vangelo quanto nelle diverse tradizioni orientali.
Quello che dobbiamo capire è che qualsiasi forma nella quale fondiamo la nostra identità è destinata a svanire, sia essa un ruolo sociale, un bene materiale o una caratteristica fisica.
Per cui fintanto che ci identifichiamo con una qualsiasi forma, non solo saremo destinati a vivere nell’angoscia di percepire la nostra identità continuamente minacciata, ma cosa ancor più dolorosa, ci ritroveremo a difendere un’identità che ci impedisce di comprendere chi siamo veramente, oltre l’illusione delle forme concrete.
Il dono della vecchiaia: un’ultima possibilità di illuminazione
La vecchiaia che costringe l’uomo a lasciar andare ruoli relazionali e forme corporee può essere vista come un mostro che loro priva lentamente di ogni bene. Oppure, cambiando completamente prospettiva, è possibile concepirla come un aiuto divino, che spinge l’uomo a lasciar cadere – nell’ultima parte della propria esistenza – tutte le false identità che lo separano dalla propria essenza più profonda e immortale.
Il dono della vecchiaia consiste quindi nel sottrarci lentamente, quasi sempre con una sorta di delicatezza, tutte le falsi convinzioni sul nostro essere per offrirci un’ultima possibilità di illuminazione.
E così lo svanire dei diversi ruoli come quello lavorativo o genitoriale, ci spinge a comprendere che il nucleo della nostra essenza non riguarda nessuna di queste forme passeggere.
La perdita di molte relazioni e i lutti ci aiutano a distaccarci dall’illusione di poter trovare la salvezza in un’altra persona.
Il decadere del corpo e la perdita della bellezza giovanile ci inducono ad abbandonare fino in fondo ogni compensazione narcisistica e a prendere contatto con le dimensioni immateriali dello spirito.
La coscienza di non avere abbastanza tempo per cominciare nuovi progetti può costituire uno stato privilegiato per smettere di vivere costantemente proiettati verso qualcosa che ancora non c’è, forse dopo, nel futuro.
E iniziare ad abitare davvero il qui e ora, nella dimensione dell’eterno presente.
È come se la Natura nella sua estrema sapienza offrisse a chi ancora non vi fosse ancora giunto attraverso un importante lavoro spirituale, un’ultima possibilità, un ultimo varco verso il vero sé, verso la consapevolezza profonda.
La vecchiaia: una forza potente e saggia
In altre parole, certamente la vecchiaia rappresenta un demone maligno per la persona identificata con il proprio Ego, poiché essa distrugge più o meno velocemente qualsiasi istanza eogica. Ma la vecchiaia è un angelo per la persona spirituale, una forza potente e saggia che la aiuta a compiere gli ultimi passi verso il distacco dal mondo materiale e verso la pace transpersonale di chi ha infine trasceso la morte.
La vecchiaia in ultima analisi ci aiuta a vedere con chiarezza la futilità della dimensione esteriore, concreta e materiale e ci spinge a entrare più in profondità dentro di noi, dentro al nostro mondo interiore, l’unico luogo in cui possiamo trovare una serenità e una gioia piene e durature.
Vi ricordo che sono disponibile a effettuare consulenze psicologiche online o in presenza e che è possibile anche partecipare a gruppi di crescita interiore sia online sia in presenza in questo studio a Roma, contattandomi con un messaggio whatsapp al numero 392 656 0624
Grazie per avermi seguito, vi auguro una buona giornata!
Vi ricordo che sono disponibile a effettuare consulenze psicologiche online o in presenza e che è possibile anche partecipare a gruppi di crescita interiore sia online sia in presenza in questo studio a Roma, contattandomi con un messaggio whatsapp al numero 3926560624.
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Dottor Simone Ordine, psicologo e psicoterapeuta Roma Prati