La nascita dell’Ego in infanzia: un Sé svilito e un Sé ipertrofico

Quando veniamo feriti durante l’infanzia, nel nostro mondo interiore avvengono alcune importanti trasformazioni. Interiorizziamo la falsa convinzione di essere separati dal resto, ci sentiamo fragili, spaventati e in lotta con il mondo.

In altre parole, sorge in noi un Ego ipertrofico.

Inoltre, il nostro vero Sè si scinde in due Falsi Sé: uno svilito e l’altro grandioso.

Le idee, le fantasie generate da questa fantasia iniziale prendono il nome di corpo di dolore.

Le opere di Nietzsche come derivato intellettualizzato delle sue ferite interiori

Nietzsche ha rappresentato con la sua vita e con le sue teorie un caso estremo del meccanismo appena descritto.

In psicanalisi sappiamo come dietro ogni persona vi sia un libro e come dietro ogni libro vi sia una persona.

A tal proposito possiamo verificare come i principali costrutti teorici formulati da Nietzsche non siano altro che il derivato intellettualizzato delle sue ferite interiori.

L’idea di un superuomo che schiacci i più deboli rappresenta il sentimento di separazione e di attacco-fuga tipico della persona identificata con il proprio Ego. Attraverso l’incredibile vita di questo grandissimo filosofo, vedremo in che modo un Ego ipertrofico sia in grado di condurre una persona verso la follia, la solitudine e la morte.

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Addentriamoci subito nel vivo del tema.

La volontà di potenza e l’eterno ritorno. La filosofia preveggente di Nietzsche

Nietzsche mette al primo posto la volontà di potenza, disprezza la compassione e il pentimento e descrive l’Anticristo. Ma allo stesso tempo ammira Dostoevskij, che ama la compassione, la redenzione per mezzo dell’umiliazione e Cristo.

Heidegger scrive di lui “Che potenza di filosofo poeta”.

Jung individua nella sua personalità il tipo estremo dell’introverso.

Freud addirittura ne ha paura. Il padre della psicoanalisi non legge Nietzsche per timore di esserne fagocitato. Teme che se leggerà Nietzsche ne rimarrà talmente abbagliato da non riuscire più a partorire un pensiero originale.

Attraverso Schopenhauer, Nietzsche interiorizza gli insegnamenti dei grandi maestri orientali. Tali contaminazione lo portano ad abbandonare il tempo lineare in cui le azioni di oggi trovano il loro significato in un pro-getto futuro. Nietzsche dunque non contempla il tempo della Chiesa, strutturato in un passato di peccato, un presente di redenzione e un futuro di salvezza.

Non vive neanche il tempo lineare della psicoanalisi ortodossa che concepisce il passato come trauma, il presente come terapia e il futuro come guarigione.

Vive invece il tempo circolare dei greci, il tempo delle stagioni e dell’eterno ritorno, in cui ogni azione trova senso nell’infinito ripetersi dell’Adesso.

A tal proposito, osserviamo come il suo pesante corpo di dolore non gli permette di interiorizzare l’Eterno presente come silenzio della mente, come possibilità di sentirsi parte dell’Uno eterno, ma lo incanala nella formula dell’Eterno ritorno, come una reiterazione continua ed ostinata di un Ego separato dal resto e in lotta col mondo.

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Nietzsche ha previsto e non stimolato la Seconda guerra mondiale.

Ha previsto che avremmo visto i preti come lupi travestiti da pecore.

Ha previsto che il suo valore non compreso dai contemporanei sarebbe stato riconosciuto dai posteri.

Ha previsto che sarebbe stato uno dei più grandi pensatori di ogni tempo.

Ha previsto con precisione tutto questo e molto altro.

Come Edipo, Omero e Tiresia ha pagato la veggenza al prezzo dell’offesa degli occhi.

Gli occhi di Nietzsche sono infossati nella scatola cranica. Ha sofferto di emicranie spaventose ed è morto per un tumore cerebrale.

Sembra quasi che il suo cervello non abbia retto a uno sforzo intellettuale sovrumano. Ha disprezzato moltissimi e apprezzato pochissimi, Tra questi ultimi, Eraclito, l’autore del perpetuo fluire.

Si è scagliato, invece, con violenza contro Socrate. Riteneva che Socrate attraverso la morsa logica delle sue domande portasse l’uomo verso l’impotenza spirituale. Non sopportava in lui il primato della coerenza.

L’opera di Nietzsche consiste innanzitutto in un capovolgimento dei valori. Ma capovolgerli non significa annientarli. Con questo voglio dire che il suo Anticristo dimostra uno smisurato prendersi a cuore Cristo.

Il grande maestro dei maestri è sempre al centro della sua riflessione e del suo pensiero. Ne risulta fortemente attratto ma il suo senso di separazione non gli permette di risuonare il messaggio d’amore, inclusione e pace portato da Gesù.

La pazzia di Nietzsche: il parallelismo con Delitto e Castigo

Nel 1889, dopo aver visto un cocchiere frustare un cavallo con violenza, esplode la sua pazzia. Incredibilmente in questo episodio, Nietzsche vive il sogno che fa impazzire il Raskolnikov di Delitto e Castigo. Diversi elementi ci inducono a pensare che questa non sia una semplice coincidenza.

È davvero incredibile che nessuno abbia mai preso sul serio questa fondamentale connessione psichica. Nietzsche conosce e ammira Dostoevskij e certamente ha letto approfonditamente Delitto e Castigo.

In tale romanzo, Raskolnikov un povero studente di San Pietroburgo, caduto nella trappola del narcisismo egoico, posseduto da ideazioni di grandiosità, uccide una vecchia usuraria per dimostrare a sé stesso di far parte di una razza di uomini superiori.

È evidente il parallelismo tra il concetto di Superuomo di Nietzsche e il personaggio di Raskolnikov.

Nel romanzo, lo studente, dilaniato dai sensi di colpa per quello che ha fatto, dopo aver sognato un cavallo frustato violentemente dal suo proprietario, impazzisce. Giungerà poi a riconquistare la salute mentale e fisica dopo aver trovato attraverso l’amore per una giovane ragazza, la via per il pentimento e l’umiltà.

Nietzsche impazzisce trovandosi davanti alla stessa identica scena: quella di un cavallo frustato brutalmente.

Ma nel filosofo l’amore, la dolcezza e il pentimento non hanno modo di emergere e la sua malattia invece di regredire si cronicizza e si rafforza fino a portarlo al manicomio e alla morte.

Tale fenomenologia potrebbe definirsi anche come una sorta di sindrome di Stendhal di tipo estremo.

In effetti, Nietzsche impazzisce quando stimolato dall’opera d’arte di Dostoevskij entra in contatto con un insegnamento evangelico che egli non è in grado di accogliere. In quel momento il conflitto interiore tra il suo Ego, manifestatosi nel concetto di Superuomo, e il messaggio di Fratellanza incarnato da Raskolnikv diventa intollerabile, generando in lui un cortocircuito psichico che lo porta verso un crollo mentale definitivo.

Nietzsche, infatti, scriverà i suoi ultimi frammenti in manicomio.

Il suo enorme genio non gli ha permesso di trascendere un enorme Ego che lo ha soverchiato sempre più, giorno dopo giorno.

I suoi baffi giganteschi sono un modo adolescenziale e commovente di nascondere la sua estrema timidezza e il suo inconscio ma implacabile senso di colpa.

Risulta evidente a mio parere la sua vena paranoica.

Si scaglia su tutti coloro che non abbracciano un assetto dionisiaco, ma egli è il primo a essere chiuso, serio, pesante, isolato, spaventato dalle donne e dall’amore.

In altre parole odia negli altri ciò che non ha superato in sé stesso.

“Le lacrime di Nietsche”, il commovente romanzo di Irvin Jalom

Nietzsche si è sempre sentito separato dal resto del mondo, da ogni punto di vista.

Diceva di sé io sono un postumo, io sono il più grande dei traditori.

Apolide, incapace di amare e di essere amato, è morto solo, demente e folle, credendo di essere San Paolo, personaggio a cui si era opposto con tutte le sue forze.

Nell’ultima parte della sua vita, quest’uomo dalla mente potentissima è rimasto demente, incapace di riconoscere nessuno, in balia della sorella Elisabeth, la quale rimaneggiando in modo disonesto i suoi ultimi scritti ne ha preparato la consegna storica al Nazismo.

Nel 2006, il grande portavoce della psicoterapia esistenziale Irvin Jalom ha scritto “Le lacrime di Nietzsche”, un magnifico romanzo in cui immagina la fondazione della psicoterapia attraverso l’incontro di Nietzsche che incarna la filosofia e Breuer che incarna la medicina.

Chiunque abbia fatto un buon percorso di psicoterapia non potrà non amar questo commovente lavoro.

L’aforisma che preferisco di Nietzsche, quello che più mi ha aiutato nella vita è il seguente:

Le cose migliori possono essere fatte solamente nonostante tutto.

Come non percepire la tensione del filosofo nel rispondere nella chiamata che lo chiamava verso la possibilità di trascendere il proprio Ego di lotta, solitudine e grandiosità al fine di accogliere la verità che ci vede fratelli del prossimo e parte del Tutto.

Possiamo sentire tale conflitto risuonare in ogni ponte del percorso di vita di Nietzsche.

L’ammirazione per il messaggio cristiano di Dostoevskij e la resistenza verso lo stesso messaggio espressa attraverso la scrittura dell’Anticristo.

La spiritualità insita nell’importanza suprema assegnata al tempo presente tradita però dal costrutto dell’eterno ritorno. Il crollo mentale avvenuto a causa della risonanza con Raskolnikov.

L’identificazione con San Paolo negli ultimi giorni della sua vita, personaggio questo diametralmente opposto alle credenze del suo Io ipertrofico.

Mi piace pensare che la vita di questo grande uomo possa guidarci nonostante tutto verso la Luce, anche e soprattutto attraverso l’esempio della sua sofferenza.

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