Genitori che non sopportano i propri figli
Esistono genitori che non sopportano i propri figli.
Genitori che fanno preferenze nei confronti di un figlio e provano antipatia per un altro. E ovviamente in questo modo stanno già preparando una nuova generazione di disagio, una nuova ondata di karma.
A tal proposito è utile ricordare quello che diceva Jung.
Quando qualcuno ti è antipatico, quando qualcuno genera del fastidio in te, devi ringraziarlo. Perché ti sta dando l’opportunità di entrare in contatto con una parte di te ferita, con una parte di te della quale hai bisogno di prenderti cura.
Noi non entriamo in contatto con noi stessi da soli, chiusi in una stanza.
Entriamo in contatto con noi stessi sempre attraverso lo specchio dell’altro. Soprattutto in una relazione intima come può essere quella genitore-bambino.
I bambini, maestri che ci fanno entrare in contatto con noi stessi
Allora, quando mi è antipatico mio figlio significa che attraverso di lui sto entrando in contatto con una parte di me con cui non voglio confrontarmi.
In quel momento, mio figlio è un maestro e io non voglio evolvermi.
Io sto resistendo alla possibilità di evolvere la mia consapevolezza e quindi provo antipatia per lui.
Sappiamo come in passato i bambini venissero maltrattanti in modo atroce. Le loro esigenze emotive venivano completamente ignorate. Venivano quasi considerati una classe inferiore di esseri umani, senza diritti.
Ad oggi, finalmente la società sta riconoscendo l’importanza del bambino, sta riconoscendo il rango di essere umano al bambino, gli sta riconoscendo dei diritti e quindi vede il bambino alla pari dell’adulto.
Forse, un domani arriveremo a capire quello che 2000 anni fa diceva Gesù ovvero che i bambini sono i nostri maestri.
Diceva: “Finché non diventerete come loro, non entrerete nel Regno dei cieli. Perché loro sono sempre vicini a Dio”
Perché diceva questo?
Perché il bambino non ha passato, il bambino può vedere la realtà così com’è senza il filtro di reconcetti, il bambino è libero da transfert e dai traumi.
Il bambino è creativo, è autentico, è spontaneo, è gioioso.
Il bambino è un maestro.
Rinascere e tornare bambini con la psicoterapia
Ritroviamo questa stessa logica anche nella tradizione orientale, dove un maestro zen quando si illumina dice che è rinato una seconda volta ed è tornato bambino.
Un paradosso molto profondo della nostra esistenza riguarda il fatto che la nostra essenza è libertà.
Diceva Sartre che nell’essere umano non c’è un’essenza a priori, come negli oggetti o negli animali.
Ulisse per liberarsi da Polifemo, il mostro della miopia che lo teneva rinchiuso in una prigione, e per poter prendere il largo nel mare, per poter quindi andare verso degli orizzonti mentali e spirituali più vasti, dichiara “Io sono Nessuno”.
Quindi, la nostra essenza è questa.
È questo vuoto, questa libertà, questo essere al di là delle forme, al di là dei ruoli, al di là delle etichette.
Ma contemporaneamente quasi nessun essere umano può fare un pensiero che sia veramente il suo.
Poiché la nostra mente si è formata attraverso tutti gli incontri che abbiamo fatto.
Lacan dice l’essere umano è il modo in cui ha dato forma agli incontri che lo hanno formato.
Certo, alcuni incontri ti chiudono, altri ti aprono. Però fondamentalmente noi siamo pieni di schemi, pieni di passato.
E quindi ecco perché il bambino è un varco verso l’Illuminazione.
Perché in lui non c’è passato, in lui c’è solo presente.
Allora vediamo come in psicoanalisi, in fondo, andiamo a scavare per comprendere cosa non siamo. In psicanalisi posso comprendere i miei traumi, posso capire quali condizionamenti ho subito e porto dentro di me.
E li vedo in modo tale da lasciarli andare.
È più facile lasciar andare qualcosa se posso vederla.
Noi siamo dominati da quello che non possiamo vedere, dal nostro inconscio.
Però è significativo che in psicanalisi andiamo a fondo per disimparare, per fare il vuoto, per lasciar andare, per mollare.
Per tornare ad essere bambini.