Salve a tutti, in questo video parleremo dell’importanza della psicoterapia di gruppo e cercheremo di capire come mai essa rappresenti uno strumento così efficace, sia in senso clinico, vale a dire per superare dei disturbi psicologici precisi, ma anche come percorso di crescita personale.

Mettersi in gioco nella relazione con la terapia di gruppo

La terapia di gruppo può essere considerata come una pratica complementare rispetto alla psicoterapia individuale.

Di solito viene consigliato di fare prima individuale, un tipo di lavoro che va in verticale, che va a comprendere la biografia della persona e poi, attraverso il gruppo, si può lavorare in orizzontale.

Gli elementi di consapevolezza che vengono acquisiti nel corso della terapia individuale vengono quindi rigiocati all’interno della relazione.

In qualche modo potremmo dire che mentre nell’individuale si acquisiscono degli strumenti che rimangono però ancora un po’ teorici, questi strumenti vengono messi in pratica attraverso il gruppo, attraverso la relazione con l’altro, perché nel modo in cui la persona entra in relazione con un altro membro del gruppo c’è tutto il suo passato.

Nel modo in cui il paziente si relaziona c’è dentro anche il rapporto con la madre, con il padre, con i fratelli.

La terapia di gruppo offre al terapeuta e al paziente la possibilità di lavorare attraverso diverse chiavi di lettura che l’individuale non può offrire.

La vita di tutti i giorni si svolge nei gruppi

Iniziamo col dire che la maggior parte delle difficoltà, delle inquietudini, delle fragilità che le persone affrontano nella vita quotidiana avvengono all’interno di dimensioni gruppali.

Per esempio, il lavoro spesso avviene in una dimensione di gruppo, dove si deve interagire con più persone. Anche in diversi altri contesti amicali, spesso si tratta di gruppi, Anche la famiglia, sia quella di origine che quella attuale, è un piccolo gruppo di persone, 3-4 o 5 persone.

La terapia di gruppo permette di indagare in modo diretto le difficoltà che la persona incontra all’interno di questi contesti.

La terapia di gruppo: una cassa di risonanza emotiva

Dobbiamo anche dire che dopo qualche mese, quasi sempre, la terapia individuale comincia a diventare una sorta di zona di comfort per il paziente: il paziente non vede l’ora di andare, è tranquillo e sereno.

Questo costituisce sicuramente un elemento fortemente terapeutico, poiché l’individuo ha interiorizzato una base sicura.

Però dopo aver compiuto questa operazione terapeutica, è anche importante che l’individuo vada nel gruppo per affrontare meglio le proprie fragilità poiché determinati elementi di difficoltà, all’interno di quella zona di comfort, non si manifestano più.

Mettiamo l’esempio di un paziente che abbia dentro di sé un elemento paranoico.

Questo elemento, nella relazione a due, rimane spesso sottotraccia. Mentre in una dimensione dove il paziente debba confrontarsi con 8, 10 o 12 persone, questo elemento paranoico diventa molto più potente e quindi emerge. Questo dà la possibilità al terapeuta di prendere consapevolezza, di osservare meglio il disagio del pazienti e di aiutarlo quindi poi in modo più efficace.

 

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Stare nel gruppo di terapia: un ampio ventaglio di stimoli relazionali

Dobbiamo anche considerare che determinate esperienze terapeutiche possono essere facilitate, possono essere evocate con maggior potenza, contattando persone di tipo diverso sia per quel che riguarda il genere o le preferenze di genere, ma anche riguardo l’età o il tipo di personalità.

Una persona può avere un’esperienza terapeutica più completa confrontandosi in modo profondo sia col maschile sia col femminile, ma anche con persone di età diversa, quindi contattando elementi più giovanili o elementi che riguardano l’anzianità. E ancora determinate esperienze possono diventare più terapeutiche quando la persona si confronta con una personalità più attiva o più passiva o più seduttiva o più narcisistica.

Il gruppo permette di ricevere una serie di stimolazioni che nell’individuale ovviamente non possono avvenire.

Lo psicodramma

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Immagine di Freepik

Occorre considerare anche che nel gruppo è possibile mettere in gioco degli strumenti estremamente efficaci che nell’individuale non possono essere utilizzati, pensiamo per esempio allo psicodramma, una strategia molto potente e anche un’esperienza molto bella da vivere.

Si tratta in pratica di una dimensione a metà tra la psicoanalisi e il teatro.

Quando un paziente riporta un episodio o anche un sogno, per evitare che questi contenuti rimangano a un livello troppo cognitivo o poco emotivo, il terapeuta può decidere di far giocare quel determinato elemento, di metterlo in scena.

Mettiamo che la persona riporti un litigio con i coniuge o con un familiare. Il terapeuta può chiedere di drammatizzare. Dice al paziente “Scegli all’interno dei membri del gruppo chi può rappresentare tua madre, dicci perché te la ricorda” in modo che quell’altra persona riceva dei feedback su cui poi si lavorerà in seguito “e dacci un copione” dopo di che io batto le mani e le persone iniziano a drammatizzare.

Diciamo che la cosa viene affrontata in modo esperienziale: non viene raccontata ma viene rivissuta in modo molto più emotivo e dopo aver vissuto questa esperienza ci si risiede e i vari spettatori e membri del gruppo aiutano attraverso le proprie risonanze a rielaborare quello che è avvenuto nella drammatizzazione.

Questo costituisce un mezzo terapeutico davvero molto potente che nell’individuale è difficile utilizzare.

La terapia di gruppo per lavorare sulle percezioni distorte

Risulta poi abbastanza intuitivo comprendere come la terapia di gruppo dia il meglio di sé nell’esplorare e poi anche nel superare le difficoltà relazionali.

Consideriamo il cosiddetto fenomeno della appercezione, vale a dire di una percezione degli eventi relazionali più o meno distorta. Immaginiamo ad esempio un individuo che abbia la convinzione di essere giudicato negativamente da tutte o da quasi tutte le persone con cui entra in relazione.

Questa è una sua falsa convinzione ma il soggetto non se ne rende conto.

Nel gruppo, il terapeuta chiede continuamente ai vari membri di scambiare dei feedback onesti, che non sono dei giudizi, ma sono dei feedback che vengono scambiati a scopo terapeutico. Questo permette ai vari partecipanti di comprendere come esista uno scarto tra il modo in cui pensano di essere percepiti dall’altro e come poi vengano relamente percepiti.

Poter annullare o perlomeno diminuire questo scarto, questa distorsione percettiva aiuta enormemente le persone in campo relazionale.

Il fattore terapeutico più importante nel gruppo: l’universalità

Irvin Yalom, l’autore del bellissimo romanzo “La cura Shopenhauer” che tratta appunto della terapia di gruppo, ritiene che il fattore più importante di un percorso di questo tipo sia l’universalità, ovvero la possibilità che ha una persona all’interno di un contesto di questo tipo di constatare come i propri problemi siano condivisi in modo più o meno simile da molte altre persone.

Quest’esperienza permette all’individuo di non sentirsi sbagliato o strano nel vivere un determinato disagio. Gli permette anzi di accettare il fatto che determinate inquietudini siano molto comuni.

Consideriamo anche i diversi elementi esistenziali come la malattia, l’invecchiamento, la morte.

Poter affrontare insieme queste inquietudini esistenziali vale a dire che fanno parte dell’esistenza di tutti noi, costituisce una possibilità terapeutica molto utile, molto importante.

La terapia di gruppo per uscire dalla trappola della pesantezza

Per spiegare quale sia un altro elemento curativo della terapia di gruppo devo prendere a prestito delle immagini dal mito greco, in particolare dall’episodio in cui Perseo abbatte Medusa. Sappiamo che Medusa rappresenta il mostro della pesantezza, infatti chiunque la guardi direttamente negli occhi viene trasformato nella statua di sé stesso. Perseo riuscirà a tagliarle la testa guardandola attraverso uno specchio donatogli dalla dea Atena.

Cosa ci sta dicendo il mito?

Ci sta suggerendo che per uscire da una problematica che ci rende pesanti e paralizzati come una statua, dobbiamo poterla affrontare da un nuovo punto di vista, che deve esserci offerto però da una terza persona, in questo caso – nel mito – da Atena.

E questo è esattamente ciò che facciamo nella terapia di gruppo.

Il terapeuta chiede ai diversi membri del gruppo di scambiare l’un l’altro delle risonanza rispetto alla varie problematiche riportate e questo fa sì che i pazienti possano ricevere tutto un ventaglio di differenti chiavi di lettura rispetto a una determinata problematica.

Tale processo offre la possibilità all’individuo di affrontare il proprio mostro interiore nel migliore dei modi. Gli offre cioè la possibilità di uscire dalla sua strettoia mentale che lo imprigiona all’interno di una dimensione di pesantezza e di paralisi.

Siamo animali sociali

Un altro fattore beneficio che dobbiamo assolutamente considerare consiste nel fatto che l’essere umano è un animale sociale e ha bisogno, per poter conservare un proprio equilibrio mentale, di avere delle esperienze abbastanza frequenti di scambio sociale non banale, di comunicazione di gruppo profonda.

Abbiamo proprio bisogno di fare questo tipo di esperienze e ovviamente possiamo farle anche in altri contesti che non siano la terapia di gruppo ma, ahimé questo avviene troppo poco.

Esistono pochi contesti a oggi in cui poter fare questo tipo di esperienza.

A volte la terapia di gruppo serve anche solamente per poter vivere dei momenti di relazione sociale profonda. Questi momenti, ripeto, sono fondamentali per mantenere i nostro equilibrio mentale

I miei riferimenti per i gruppi

Vi ricordo che è possibile partecipare a gruppi di psicoterapia e di crescita personale sia online sia in presenza nello studio di psicologia e psicoterapia a Roma Prati Il Filo di Arianna, contattandomi con un messaggio whatsapp al numero 392 656 0624

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